La Masseria del Duca di Martina: quell’antico “castello” che sorge a San Basilio

Storia di un antico feudo della famiglia Caracciolo

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L’atrio del maniero

Tra Mottola e Castellaneta, in località San Basilio, si erge una grande casa di campagna che può essere facilmente riconosciuta per la sua immensa mole e il suo aspetto che la rende simile a un antico castello. Abbandonata da circa un cinquantennio, sembra che ultimamente siano stati effettuati dei lavori per un futuro recupero. Stiamo parlando della Masseria del Duca di Martina, meglio nota come Casino del Duca.

La grande struttura rappresenta l’insieme di una serie di successivi ampliamenti di un antico edificio seicentesco, per secoli proprietà della nobile famiglia dei Caracciolo di Martina Franca, ramo dei Caracciolo Pisquizi di Napoli, che furono feudatari del centro del tarantino dal 1507 al 1827.

La coppia di finestre dell’antico salone delle feste

Il capostipite del casato fu tale Petracone I, Gran Siniscalco della regina Giovanna I d’Angiò. La famiglia si estinse con Petracone VIII nel 1827, allorquando il titolo di Duca di Martina venne ereditato dalla sorella, Argentina, che sposò Riccardo III di Sangro. Questi partecipò alla difesa di Gaeta al termine della campagna dell’unificazione d’Italia, tanto per descrivere l’importanza del casato alla corte borbonica. Il titolo venne quindi trasmesso alla discendenza di quest’ultimo.

Una prima descrizione dell’immensa proprietà Caracciolo risale al 1626, ma grande resoconto ne è dato nel 1789, quando un viaggiatore svizzero, tale De Salis-Marschlins incontrò l’allora duca Francesco III, il quale visse stabilmente a San Basilio a partire dal 1770, ampliando e ammodernando la masseria. Si ritiene, comunque, date le evidenze empiriche, che il nucleo originario fosse ben più antico, sussistendo al di sotto della cappella padronale un’antica cripta con affresco, probabilmente eretta dai monaci basiliani attorno all’anno 1000. Sarebbe proprio tale cripta il punto d’avvio del grande maniero.

L’affresco con la Madonna nella cripta di San Basilio

Nel corso del primo Ottocento, a seguito dell’ingrandimento della Via Regia che collegava Bari e Taranto, la duchessa Argentina Caracciolo promosse ulteriori migliorie del forno e dei mulini che avevano anche sede presso la masseria. Il 13 gennaio 1859, Riccardo di Sangro, di cui abbiamo precedentemente parlato, accolse qui re Ferdinando II, la regina Maria Teresa e il futuro re Francesco, meglio noto come “Franceschiello”. I reali passarono da tale località mentre si recavano a Bari per lo sposalizio dell’erede al trono con Maria Sofia di Wittelsbach, matrimonio che avvenne presso l’attuale Palazzo della Prefettura di Bari.

Tracce di affresco nel vecchio salone delle feste

In epoca post-unitaria, la masseria fu teatro delle scorrerie dei briganti filoborbonici: tale Antonio Lo Caso, detto Craparijd, aiutato da un’ex guardia borbonica, Giuseppe Catucci, saccheggiata l’attigua masseria Belvedere, trucidarono due esponenti della Guardia Nazionale accusati di aver calpestato l’effigie dell’ex re Francesco II e qui ne bruciarono i cadaveri.

Il monumento del cacciatore: stato attuale

Nel corso dell’ultimo Ottocento, la masseria venne trasformata in una splendida residenza rurale e dotata di un giardino all’italiana, che congiungeva la vecchia masseria alla vicina Villa Isabella. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, il grande maniero venne utilizzato prima dai Tedeschi, poi dalla 1st Airborne Division inglese e infine dai polacchi della 317° Compagnia Trasporti Ausiliarie. Alla morte dell’ultimo duca, nel 1978, gli eredi, i Lanza di Mazzarino, alienarono il vasto patrimonio immobiliare che era stato prima dei Caracciolo e poi dei de’ Sangro.

All’antico maniero è collegato anche un fatto di sangue: nelle strette vicinanze della struttura, infatti, sorgono le rovine del “monumento del cacciatore”, che venne costruito nel 1885 da Placido de’ Sangro. Il figlio di questi, Riccardo, si suicidò nei pressi della masseria dopo un’avventura con una donna sposata finita male. Il giovane non riuscì a reggere il dolore e decise di farla finita.

Il monumento del cacciatore: foto d’epoca

Il padre, disperato per l’evento, fece costruire un imponente monumento neogotico a perenne ricordo del figlio, costituito da una guglia di circa 20 metri che accoglieva la statua del giovane rappresentato con un fucile da caccia, attività che svolgeva nei pressi della vasta tenuta. Nella notte del 1974, un fulmine colpì proprio la statua di Riccardo de’ Sangro, distruggendo con un boato il monumento. Da quel momento circolano storie di fantasmi che parlano di apparizioni di Riccardo de’ Sangro tra le stanze vuote del maniero.

Giuseppe Mennea

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