L’Università Ebraica di Gerusalemme ha decifrato una scritta costituita da sette parole e diciassette lettere, risalente a ben 3700 anni fa; tale reperto si configura come la frase più antica mai ritrovata sino ad oggi, riportata su un pettine di avorio rinvenuto nel 2017. Una analisi portata
avanti per anni ha rivelato l’appartenenza dell’idioma alle lingue cananee; la traduzione dell’epigrafe è, pertanto, “p
ossa questo pettine togliere i pidocchi dai capelli e dalla barba”. Quest’incisione all’apparenza banale e insignificante in realtà comunica agli studiosi un dato notevole, ossia che all’epoca l’alfabeto cananaico era adoperato nella lingua comune e quotidiana. Inoltre, rappresenta un punto di partenza cronologico nella storia dell’abilità umana nell’arte scrittoria e una testimonianza di come un problema tanto comune quanto fastidioso, quale è la pediculosi, dilagasse e si volesse debellare con l’ausilio di un pettine lungo 3,5 centimetri e alto 2,5 centimetri. I denti che in origine erano presenti sul pettine sono andati perduti e per i ricercatori non è risultato possibile datare il reperto col diffuso metodo del carbonio-14; tuttavia, poiché sviluppatesi 3800 anni fa le lingue cananee ed essendo cadute in disuso al principio del primo millennio (eccetto l’ebraico), il pettine dovrebbe risalire all’Età del Bronzo. A quel tempo per la loro realizzazione si ricorreva generalmente a materiali come legno, osso e avorio; ma, essendo in quel periodo carente di elefanti la zona di Canaan, il manufatto proverrebbe dall’Egitto. Tale articolazione suggerisce il possesso di simili prodotti nelle classi più abbienti e la conseguente presenza di pidocchi presso di loro, osservati al microscopio persino a distanza di millenni.
Una simile indagine ha permesso ai ricercatori di analizzare il primo ritrovamento nella regione di Canaan di un’iscrizione riferita allo scopo dell’oggetto su cui essa era incisa, diversamente dalle iscrizioni dedicatorie o di proprietà sull’oggetto, e, soprattutto, di indagare il grado di alfabetizzazione dell’area.
Maria Elide Lovero