Villa Cassano, dimora eclettica a Gioia del Colle

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Nei pressi della contrada Milano, a pochi chilometri dalla stazione di Gioia del Colle e lungo il tracciato della ferrovia Gioia – Rocchetta, sorge un villino che, con la sua facciata che ricorda un castello, giace abbandonato da alcuni anni, nonostante ci fosse l’intenzione di un recupero e i lavori fossero effettivamente iniziati. Stiamo parlando della Villa Cassano, un piccolo gioiello dell’arte eclettica.

Originariamente, la struttura era proprietà della famiglia Milano, il cui nome è rimasto nell’intitolazione della relativa contrada. Una foto di inizi Novecento indica, infatti, la struttura come “Villa Milano”: la particolarità è che si notano già i tratti salienti dell’edificio che continuano a caratterizzarlo tutt’oggi. Da ciò si evince che la struttura sia al più ottocentesca, oppure pur sussistendo un nucleo più antico, questo sia stato completamente stravolto a ridosso tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento.

Nella Carta IGM del ’49, invece, la villa è indicata come proprietà della famiglia Cassano. E presso tale villa era presente un antico bassorilievo medievale con lo stemma della famiglia del Balzo, signori di Gioia, originariamente posto nei pressi di una delle porte della città e poi spostato nei pressi della villa probabilmente a seguito dei lavori che interessarono le antiche mura in epoca post-unitaria. Tale stemma venne poi donato, per la sua importanza storica, al comune di Gioia da parte di uno dei proprietari, tale Michele Cassano.

La proprietà Cassano venne quindi acquistata, dopo un periodo di abbandono, da un imprenditore di Santeramo, con la finalità di recuperarla e magari rivenderla. I lavori però, effettivamente iniziati, non sono stati ancora completati, e la villa è tornata nel suo stato di fatiscenza.

Il complesso si sviluppa su un’area abbastanza grande, e comprende parecchi ambienti ad uso agricolo, di deposito e stalla, la casa padronale e la cappella. Lo stile eclettico caratterizza l’intera struttura: già osservando la facciata, si notano elementi barocchi, come il portale della chiesa, ed elementi neoromanici e neogotici, come le bifore e le colonnine tortili della casa padronale. I cornicioni degli edifici, poi, presentano una merlatura in parte guelfa e in parte ghibellina, che non fa altro che accrescere l’aura di mistero del complesso.

La commistione di stili permane anche negli interni della cappella: l’altare e la cornice di stucco, che originariamente conteneva un dipinto, sono di forme barocche e sono stati realizzati da tale Giuseppe Montrone di Bari nel 1900, così come risulta da un cartiglio lasciato dall’artista. Le volte ogivali, invece, sono decorate da affreschi di chiara impronta novecentesca, con decori vegetali che sembrano richiamare un gusto tardo-liberty sull’impronta dei Prayer.

Anche se gravemente danneggiate dall’incuria, le decorazioni si caratterizzano per una certa ricchezza complessiva. Anche la facciata è molto elaborata, con la presenza di cornici e bassorilievi realizzati col carparo locale.

La facciata della casa padronale è, se vogliamo, ancora più ricca di quella della cappella gentilizia: ciò che attira l’occhio è sicuramente la presenza delle bifore, cui sono state sottratte finanche sottratte le colonne basamentali, e la ricchezza delle balaustre del primo piano, traforate quasi come fossero dei pizzi.

All’interno non rimane, però, quasi niente: tra le tracce dei lavori mai completati e le stanze vuote si conservano solo alcuni dei pavimenti in cementine, straordinariamente scampati ai ladri, e una stanza con decorazioni propriamente liberty. Il resto degli ambienti, invece, appare completamente trasformato e irriconoscibile nelle caratteristiche originarie.

Giuseppe Mennea

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