Nell’articolo odierno parleremo di una figura a cui gli appassionati di storia locale tengono particolarmente, anche perché le sue opere sono veri e propri simboli della città di Giovinazzo. Nello specifico, si tratta dell’architetto Giuseppe Mastropasqua, che tra gli altri progetti fu autore anche della cupola della Chiesa di Sant’Agostino. In questa sede tratteremo tre esempi di architetture civili, palazzi privati, che sorgono ancor oggi tra Giovinazzo e Bitonto.
A fare da tratto distintivo nei tre casi è la soluzione del cortile ellittico, una soluzione a cui il Mastropasqua sembra tenere particolarmente tanto da riproporla a più riprese nel corso della sua carriera. Probabilmente, il punto di partenza a cui Mastropasqua si ispira è il Palazzo Spinelli di Laurino, che sorge in Via dei Tribunali a Napoli. Con ogni probabilità, l’architetto ebbe modo di osservare e lo splendido edificio nel corso dei suoi studi nel capoluogo partenopeo rimanendone affascinato.
Il primo caso che consideriamo è il Palazzo Cioffrese, che sorge nel centro storico di Bitonto in Via Amedeo, 28. Il palazzo è stato recentemente reso fruibile in occasione della manifestazione Cortili Aperti, organizzata dall’Associazione Dimore Storiche Italiane. La struttura è in chiaro stile neoclassico, che caratterizza la maggior parte della produzione di Mastropasqua. Si sviluppa su due livelli, dei quali quello inferiore a bugnato e quello superiore intonacato.
La facciata è molto semplice, a dispetto del cortile in cui troviamo per la prima volta la soluzione ellittica. La particolarità è la presenza di imponenti colonne doriche e tuscaniche disposte in doppia coppia esattamente di fronte all’androne, per permettere l’accesso allo scalone d’onore tramite un arco a tutto sesto. Al primo piano troviamo solo quattro aperture ai punti cardinali, di cui quella in corrispondenza dello scalone a creare una sorta di loggiato.
Il secondo caso riprende e sviluppa lo schema di Palazzo Cioffrese: è l’espansione di Palazzo Framarino, in Via Cattedrale, che oggi per una serie di passaggi proprietari si trova in stato di abbandono e separata dal resto dell’edificio ancora di proprietà del casato. Anche in questo caso la facciata è abbastanza simile, anche se è arricchita da alcuni elementi in ferro battuto, come una splendida torciera angolare.
L’interno, che abbiamo potuto osservare solo tramite l’utilizzo di un drone, presenta la solita soluzione del cortile ellittico ma in una versione più ricca, nonostante gli spazi siano ridotti. Nello specifico, accanto alle aperture sopra e di fronte all’ingresso se ne aggiungono quattro lungo le diagonali, per un totale di ben 6 rispetto alle 4 di Palazzo Cioffrese. Anche la scala è più ardita, ed è ricavata su una tangente esterna dell’ellisse.
Ma il capolavoro del Mastropasqua è sicuramente il Palazzo Siciliano Marchese di Rende, che sorge imponente in Piazza Vittorio Emanuele II di fronte all’Istituto. Qui, in assenza di vincoli di superficie, l’architetto ha potuto superarsi, ricavando un cortile ellittico su cui si affacciano ben 7 finestre interne e un doppio loggiato su tre livelli. Questo è arricchito da colonne binate che salendo passano dallo stile dorico a quello ionico e a quello corinzio. È l’unico dei tre palazzi considerati ad avere il secondo piano.
Anche la facciata è quella più ricca, con colonne di ordine gigante che dovevano ricordare nelle idee dell’architetto le rovine classiche per come si osservano a Siponto. In origine, infatti, la facciata era di colore ocra e non bianco, dando proprio l’idea di una rovina classica, con il fregio in stucco e il cornicione che chiude l’edificio.
Giuseppe Mennea