Non solo film, ora è tempo di serie d’autore

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Per “film d’autore” si intende un genere colto prevalentemente forgiato da una visione propria e particolareggiante del regista che lo distingue dal resto dei prodotti. Un esempio sono i lavori di Antonioni, Fellini, ma anche Hitchcock, Welles, Varda, fino ai nostri contemporanei Tim Burton, Nanni Moretti, Martin Scorsese e numerosi altri.
In questi anni stiamo avendo la fortuna di osservare la continua evoluzione del cinema, tangibile a partire dai titoli presentati ai vari festival cinematografici sino alle proiezioni in sala a cui assistiamo. Una delle tante e sorprendenti novità è la notevole crescita dei prodotti seriali. Non solo la televisione e la rete pubblica, complice di questa nuova ondata è sicuramente la nascita delle piattaforme streaming ormai da diverso tempo a questa parte: non solo Netflix e Amazon Prime, ma anche Disney+, Apple Tv fino a quelle di nicchia e meno note MUBI, The Film Club e molte altre. Non che ce ne dispiaccia, se questo porta al continuo sperimentare degli autori.
In particolar modo quest’anno, il mondo del cinema si è aperto di più alle serie, alle serie d’autore. Per fare dei nomi: i fratelli D’Innocenzo con “Dostoevskij” e Valeria Golino con “L’arte della gioia” hanno debuttato nella serialità presentando le loro opere rispettivamente al festival di Berlino e di Cannes nella prima metà del 2024. Questi due titoli sono stati fruibili in sala entrambi divisi in due parti tra giugno e luglio. Tuttavia, queste, che sono a tutti gli effetti delle serie tv  – prodotte una da Sky Original -, non sono le uniche, né le prime e né saranno tantomeno le ultime.
Alla recente Mostra del cinema di Venezia dello scorso settembre, sono state presentate due nuove serie dirette da due grandi registi internazionali: “Disclaimer” di Alfonso Cuarón e “M. Il figlio del secolo” di Joe Wright, una grande lezione di storia che aspettiamo di vedere il prossimo anno.
Poi, come non citare in causa il nostro Marco Bellocchio, che è tornato sul set per dirigere “Portobello” di cui il primo ciak è stato battuto in questi giorni a Roma. Si tratta di una serie con Fabrizio Gifuni su Enzo Tortora, celebre conduttore del programma televisivo da cui prende il nome. Proprio con Gifuni, Bellocchio ha lavorato già alla serie “Esterno notte” (uscita anch’essa in due parti in sala nel 2022) e che ha gareggiato al pari dei lungometraggi ai David di Donatello aggiudicandosi quattro premi (miglior regia, montatore, attore protagonista e truccatore).
Insomma, non chiamateli “film lunghi”, perché “serie tv” non ha più un valore dispregiativo per i registi.

Sofia Fasano

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