A fronte delle crisi economiche che si sono susseguite negli anni, il tasso di povertà in Italia ha visto un forte incremento: secondo i dati del Rapporto Istat 2024, dal 2013 al 2023 la povertà assoluta individuale degli occupati è cresciuta dal 4,9 al 7,6%. Si parla di povertà assoluta quando una persona o un nucleo familiare non risulta in grado di sostenere le spese indispensabili per condurre una vita accettabile, fra cui rientrano i beni e servizi inerenti spese per la casa, la salute e il vestiario.
Considerando che nel 2005 il suo tasso si aggirava intorno al 3,3% ed attualmente appare più che raddoppiato, ci rendiamo conto del mutamento socio-economico a cui il nostro Paese è andato incontro: un ulteriore esempio è dato dal fatto che nei primi anni 2000 erano gli over 65 la categoria più esposta al rischio di povertà assoluta, mentre adesso la tendenza si è rovesciata, poiché al diminuire dell’età si accresce lo stato di indigenza; a seguito della pandemia la quota di minori che vive in condizioni precarie si aggira attorno al 14%.
Tuttavia, un’altra realtà anch’essa drammatica che coinvolge moltissime famiglie è rappresentata dalla povertà relativa, la quale colpisce il 10,1% degli italiani; essa è intesa dall’Eurostat come una situazione di mancanza di risorse essenziali per rientrare nello standard di vita medio della società di appartenenza.
Si configura come prima causa di povertà in Italia la perdita del lavoro, cui si sommano altre ragioni diffuse, quali l’avere una famiglia a carico per il cui sostentamento il reddito non è sufficiente, le problematiche legate alla salute e la disoccupazione. Quest’ultima, nonostante si rivela in decrescita nell’ultimo anno, mostra ancora un tasso elevato, pari al 6,2% e al 18,3% tra i giovani.
Gli effetti della penuria di denaro fra la popolazione hanno un riflesso diretto sullo stile di vita e alimentare delle persone, tanto che, ad esempio, 14 famiglie su 100 non possono condurre un’alimentazione equilibrata che presenti cibo ricco in proteine almeno ogni due giorni; la Grecia riporta un dato simile di 13,8 famiglie su 100, mentre la Francia e la Spagna si distaccano positivamente, contando cifre più basse pari a 7,4 l’una e 3,5 l’altra.
Maria Elide Lovero