Nell’antico Egitto i gatti rossi erano venerati al pari di divinità associate alla guerra e al sole, quali simboli di forza e potenza; nel Medioevo, invece, erano infelicemente connessi alle streghe e al demonio, esseri difformi da rifuggire. Tuttavia, col passare dei secoli e il venir meno di credenze e leggende, i gatti rossi sono diventati una specie amatissima e degli studi condotti in maniera indipendente dalla Stanford University in California e Kyushu University e pubblicati sulla piattaforma bioRxiv, hanno scoperto quale sia la mutazione genetica responsabile del manto arancione dei gatti. A causarlo, infatti, è la perdita di un segmento di Dna nel cromosoma X, che altera l’espressione del gene Arhgap36.
La ricerca statunitense, svolta sotto la supervisione del genetista Greg Barsh, ha evidenziato che nelle cellule epidermiche dei mici rossi è presente il gene Arhgap36, espresso 13 volte in più rispetto al normale. Benché inizialmente gli studiosi pensassero che la particolarità fosse prodotta da una mutazione del gene, nel corso dell’indagine si è rilevata la presenza della mutazione al di fuori del gene, in una sezione che non racchiudeva istruzioni genetiche necessarie per generare proteine.
Il fenomeno è chiamato delezione e consiste in una mutazione cromosomica originata dalla perdita di una sezione di DNA di dimensione non definita, che assolverebbe alla funzione di interruttore per regolare Arhgap36. Passando in esame 188 genomi di gatti, il gruppo americano ha sottolineato come tutti i gatti dal manto tricolore, tartarugato e arancione presentano la stessa mutazione e il dato che la delezione coinvolga il cromosoma X ci spiega per quale ragione i felini arancioni siano soprattutto maschi, mentre i multicolore femmine.
Le medesime osservazioni sono state svolte dal team giapponese grazie all’analisi di 250 genomi di gatti da tutto il mondo.
Maria Elide Lovero